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domenica, gennaio 11

Veleno

























Nella mezzanotte e un quarto di una notte qualunque, un mare oscuro fatto di notte osserva dalla cima dei suoi tentacoli tenebrosi il mondo sottostante. Un vento impetuoso scuote i tetti delle abitazioni antiche del centro, come gli abiti invernali di coloro che ancora si attardano sulle strade lucide di silenzio, e scuote soprattutto la sudicia finestra di casa mia, che a dire il vero tanto sudicia non è.

Dieci giorni. dieci lunghi, lunghissimi giorni di un bruciante nulla nella mia mente.

E’avvolta dalla sporcizia e dal disordine da me stesso generato la mia mente buia e dissonante, tutto pare illuminato solo da un’unica fonte di luce tremolante azzurra, la luce di una piccola tivù che continua a secernere flash che si intrecciano a suoni astrusi. Tutto sembra essere oscuro, l’ombra lotta contro quella piccola luce celeste giungendo pericolosamente alla vittoria; non sembra esistere ordine né al di là della luce, né oltre l’oscurità di quel piccolo spazio angusto. Il caos fatto di pessimi pensieri finalmente trova una falla sulla pelle della mia mente distratta e trasognata, e presto prende il totale dominio di ciò che sembra essere rimasto di me.

Mi trovo seduto sulla poltrona di tela verde, quella che amo tanto, nonostante le macchie, nonostante i numerosi buchi che mi riprometto di “rattoppare domani” oramai da sei mesi, nonostante si trovi solo nella mia mente tutto questo. La morbidezza che mi circonda mi trova stordito, confuso.

Ci provo a scavare al dì là dei miei occhi arrossati e stanchi, ci provo a fuggire in un luogo al di la di me, eppure rimango immerso nel piccolo mondo trasmesso dall’ arnese pulsante davanti alla poltrona. E’ come se fossi tutto assorbito dalla comprensione di immagini slegate che mi appaiono, una dopo l’altra mi entrano dentro, o forse sono io ad entrare dentro di loro.

Ad un certo punto solo apparentemente identico al precedente, vedo. Vedo dentro lo schermo azzurro, in un istante mi trovo immerso dentro fiamme innocue ma mortali.
Veleno, profondo e tagliente veleno capace di aprire la mente con una risata o stordire con un batticuore, veleno.
Fluisce nella mia mente, tento di liberarmene, ma è tardi o forse tardi non lo è mai; dedali di volti, risa, verità capovolte da uomini e donne poveri di eleganza, scempiaggini travestite d'oro e di carnose vesti, veleni, fughe di gas intestinali dentro i palazzi della politica, veleni, assassini e ladri scoperti a promulgare leggi per arricchire le loro morti, fra le loro tombe, pazzie moleste e divertite di coloro che vivono del prodotto delle loro lingue e dei loro culi, nutrienti veleni.
Spengo la tv.
Torno in me. Vado alla finestra, anch'essa prigioniera nella mia mente, come lo stesso panorama che mi godo nel silenzio di questa notte dal sapore amaro.
Domani, mi dico; domani rattoppo quella vecchia poltrona, domani di sicuro lo faccio.



1 commento:

  1. Un'ottima narrazione. Hai un dono, che di sicuro deriva dal tuo essere fumettista. Sei in grado di far immaginare al lettore quello che legge, coinvolgendolo pienamente. Ognuno di noi dovrebbe spegnere il rumore prodotto dal superfluo di cui amiamo circondarci, senza renderci conto che prima o poi ci soffocherà... non lasciamo che il veleno raggiunga il nostro cuore o sarà troppo tardi! Bella l'immagine della poltrona... potrebbe essere la coscienza figurata allegoricamente? Il rimandare mi fa pensare alle cose che dovremmo fare ma che rimandiamo... ma è anche un'oasi, una sorta di ventre materno e protettivo. Sa di vissuto. Se esiste davvero credo sia molto comoda :P

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